LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICA - COORDINATE SATELLITALI:
Latitudine: 43.52259460648032
Longitudine: 12.899787873029709
DESCRIZIONE DELLE ATTRATTIVE STORICO-ARTISTICHE
Nominato per la prima volta nel 1338, è uno dei castelli più tardi di Rocca Contrada.
Era un baluardo importante per la difesa del territorio situato ad ovest di Arcevia verso Pergola. Caudino conserva il pittoresco portale d’accesso e parte dell’antica struttura fortificata.
Nei pressi del castello fu combattuta una memorabile battaglia tra le forze Guelfe e Ghibelline per il possesso del territorio.
Nel centro, di fianco all’antica torre campanaria, sorge la Chiesa di S. Stefano ristrutturata nel Settecento, che custodisce un affresco del 1500 raffigurante la Madonna di Loreto.
LA STORIA di COLGODINO ... a cura di Paolo Santini
Castello di origine medioevale posto ai confini del territorio arceviese verso Pergola, dipendente dalla diocesi di Nocera Umbra.
Caudino fu edificato come Palazzo nella seconda metà del XIVsec., inglobando le ville circostanti, a seguito della riorganizzazione insediativa, ma anche di controllo, avviata in quel periodo da Rocca Contrada sul proprio territorio. In vari documenti antichi viene ricordato come Colgodino e Casadino.
Colgodino controllava il transito verso Pergola ed il ducato di Urbino. Fu fortificato ed elevato al rango di castello agli inizi del 1400 e come tale è menzionato nel libro del camerlengo arceviese del 1407.
Nel 1411 fu occupato dalle milizie malatestiane e controllato dai soldati di Fano. Nel 1412 questo presidio fu rafforzato da 350 fanti comandati da Guido di Ridolfo con buon numero di guastatori, muratori, falegnami ed altri artefici e 50 paia di buoi, per partecipare all’assedio di Rocca Contrada del 1413. Il castello fu recuperato da Braccio da Montone nella seconda metà del 1416.
Nel gennaio 1434 Rocca Contrada e tutti i suoi castelli vennero sottomessi da Francesco Sforza. Nel febbraio 1445 in occasione della distribuzione nei castelli di cavalli e soldati sforzeschi per il riposo invernale, a Caudino ne vennero assegnati rispettivamente 7 e 10, avendo in quel tempo 14 fuochi, circa 70 abitanti.
Con l’unità d’Italia, perse le prerogative di comune appodiato
venne riconfermato ad Arcevia. Dal censimento del dicembre 1861 risulta che a
Caudino centro vivevano 14 famiglie con 37 abitanti, nei suoi dintorni invece
gli abitanti erano 148. Caudino conserva ancora l’assetto urbanistico
quattrocentesco, con ampi tratti di mura bastionati ed una porta di accesso
adattata alle nuove esigenze della viabilità.
A circa un miglio dal castello sopra il monte S. Biagio esisteva anticamente un
piccolo monastero con annessa chiesa abbaziale intitolata al santo vescovo e
martire. Nel 1760 il card. Antonelli abate commendatario acconsentì, concorrendo
alle spese, alla richiesta di costruire la nuova chiesa di S. Biagio e la
parrocchiale di S. Simone, che era posta più in basso e documentata dal 1376,
rispettivamente vicino e dentro il castello. Le due vecchie chiese dovevano
essere distrutte ed i materiali di risulta utilizzati per le nuove.
Al centro del paese la parrocchiale con il nuovo titolo di S.
Stefano martire fu edificata nel 1766, con sacrestia ed abitazione per il
parroco, e fu consacrata dal vescovo di Nocera nel 1824, come ricorda una lapide
nella chiesa.
Ad unica navata, conserva sull’altare a destra entrando, proveniente molto
probabilmente dall’antica parrocchiale di S. Simone, un interessante affresco di
buona mano, rappresentante la Madonna di Loreto e Santi, degli inizi del XVII
sec. attribuibile a G. G. Pandolfi da Pesaro.
Da osservare ancora l’altare scolpito in legno di produzione locale ed in
sacrestia un S. Stefano ad olio su tela di A. Lombardi (1898).
Il santuario dedicato a S. Biagio, designato patrono di Caudino da Benedetto
XIII con breve dell’11 maggio 1728, fu costruito fuori dell’abitato nel 1763 e
restaurato nel 1885 come ricorda una lapide nella chiesa. Al santo sono
attribuite guarigioni miracolose. Nell’altare maggiore un quadro con S. Biagio
in atto di guarire dal mal di gola una giovinetta morente tra le braccia della
madre, di autore ignoto del XIX sec.
Nel 1886 furono rifatti il pavimento e la facciata con nuova porta e l’interno
abbellito di ornati e stucchi. Fu collocata anche la tela di S. Simone quale
memoria dell’antico titolo parrocchiale.
Agli inizi dell’Ottocento sull’altare della chiesa era collocato il quadro di
Gaspare Ottaviani con Madonna e Bambino ed i SS. Biagio e Simone, fatto
dipingere da Giovanni Salvioni, attualmente disperso.
Nei pressi del ponte di Caudino esiste una chiesolina di
proprietà privata, ricostruita verso la fine del XIX sec. per iniziativa dei
Biaschelli di questo castello, intitolata alla Madonna dei Portenti. Don Luigi
Biaschelli, superiore generale dei Missionari del Preziosissimo Sangue, fece
dipingere in quegli anni a Roma da un buon artista il quadro che rappresenta la
Madonna e Santi.
Nello stesso luogo sorgeva l’antica chiesa dedicata a S. Vittorino, quasi
certamente di origine monacale. Il più antico documento che la ricordi è un atto
di donazione di alcune terre fatta all’abbazia di Farfa nel 1024. Questa chiesa
è compresa tra le parrocchie del territorio arceviese, nel sesto superiore, come
S. Vittoria dal 1384 al 1445. Successivamente viene menzionata con il suo antico
nome di S. Vittorino e come tale compare tra le chiese arceviesi, di proprietà
privata, nel 1862.
Il documentario, opera prima di Lilith Verdini (giovane ricercatrice arceviese, che già ha approfondito le tematiche legate all’emigrazione verso il Belgio nella sua tesi di laurea "Migrazioni fra luoghi e culture: il caso Cabernardi negli anni ‘50"), è stato realizzato per la partecipazione al concorso video "Memorie Migranti- edizione 2007 di Gualdo Tadino. Il cortometraggio si è avvalso della preziosa collaborazione di Francesco Gresta.
L’intento è quello di far conoscere, attraverso l’esperienza migratoria vissuta da Virgilio Parroni (emigrato da Caudino ad Houthalen nel 1952 e tornato definitivamente ad Arcevia alla fine degli anni Novanta), quelle che sono le caratteristiche salienti della vicenda personale del protagonista, rintracciabili anche nella generalità del più ampio flusso migratorio dal territorio arceviese verso il Belgio negli anni Cinquanta del Novecento.
Infatti in quel periodo molti arceviesi lasciarono il proprio contesto abitativo e affettivo per andare a lavorare nelle miniere di carbone del Belgio che richiedevano manodopera e rappresentavano una possibilità concreta di miglioramento economico. Attraverso il volto e la voce di Virgilio Parroni scaturisce una forte emozione che coinvolge e fa riflettere.
Il cortometraggio ha vinto il concorso on-line di Arcoiris TV all'interno del Collecchio Video Film Festival 2007.
Arcevia, Settembre 2007
1ªparte
2ªparte
3ªparte